Che cos’è il neuromarketing?

Con il termine neuromarketing si intende l’applicazione delle neuroscienze al marketing. Esso ha come obiettivo la misurazione e il monitoraggio dei processi che avvengono inconsapevolmente nel cervello e nel corpo del consumatore, alla rilevazione di uno stimolo esterno, attraverso la strumentazione tipicamente utilizzata dalle neuroscienze.

È fondamentale per un’azienda tenere in considerazione le risposte comportamentali e fisiologiche del consumatore ai numerosi stimoli a cui è sottoposto quotidianamente, perché solo attraverso il loro studio sarà possibile indirizzare al meglio la propria offerta di prodotti/servizi, con le opportune politiche di distribuzione, comunicazione e prezzo (il famoso marketing mix, o modello delle 4P).

Un brevissimo cenno storico

Il neuromarketing nasce ufficialmente nel 2003 con Ale Smidts, tecnico organizzativo olandese, che fu il primo studioso ad osservare come i processi mentali dell’uomo influenzassero inevitabilmente le scelte di acquisto e di consumo.

Quali sono i metodi che un’azienda può utilizzare per analizzare il consumatore?

La prospettiva del neuromarketing però non è la sola che permette di ottenere dati in merito al consumatore; anzi, si potrebbe addirittura ritenere una metodologia ausiliaria: è piuttosto costosa rispetto ad altri metodi molto più economici, accessibili e “semplici”, come la ricerca qualitativa o quella quantitativa, che vengono spiegate di seguito.

Le ricerca qualitativa e quantitativa

Generalmente si distinguono due categorie di ricerca per la raccolta dati: la ricerca quantitativa e la ricerca qualitativa. Come dicono i termini stessi, la ricerca quantitativa si focalizza maggiormente sull’ottenere un grande volume di dati e uno dei metodi più diffusi è attraverso il questionario, pratico, accessibile a tutti e facile da processare, soprattutto se web-based; la ricerca qualitativa invece, si occupa di una rilevazione di dati più in profondità: scava per andare ad identificare il dettaglio, il perché, la motivazione, di una determinata risposta o scelta; esempi sono la deep interview o l’osservazione (come il mystery shopper).

Quindi, alla luce di quanto detto, la prospettiva del neuromarketing, appartiene chiaramente alla categoria della ricerca qualitativa, piuttosto che di quella quantitativa. Si analizza infatti la dimensione emotiva del consumatore, misurando le risposte biometriche, le espressioni facciali, la postura, l’arrossamento della pelle, la sudorazione, ai diversi stimoli di marketing a cui viene sottoposto.

Il neuromarketing, inoltre, presenta un vantaggio non indifferente: il ricercatore può ricavare dati e informazioni che, per esempio, attraverso un’intervista personale non otterrebbe, perché l’intervistato potrebbe vergognarsi o avere paura del giudizio altrui. Addirittura, potrebbe capitare che le risposte fornite durante l’intervista non coincidano con quelle misurate attraverso il neuromarketing.

Nonostante le differenze e le eventuali contrapposizioni che potrebbero nascere tra il neuromarketing e i due diversi tipi di ricerca precedentemente citati, queste metodologie possono coesistere. Come infatti afferma Gianpiero Lugli nel libro “Emotions tracking: come rispondiamo agli stimoli di marketing”: «queste nuove tecniche di indagine non sostituiscono le vecchie, ma le completano. Infatti, una piena comprensione del comportamento umano richiede anche la conoscenza della costruzione individuale e sociale della realtà, che si può ottenere solo con le tecniche dell’intervista». 

Come reagiamo agli stimoli che ci circondano

Quotidianamente siamo bombardati da migliaia di stimoli: a lavoro, in palestra, all’università, nei centri commerciali, al supermercato. Tutti questi stimoli generano nella nostra mente associazioni più o meno immediate ai brand, attraverso suoni, colori, profumi. Le risposte che il nostro corpo involontariamente ha, si possono distinguere in 3 tipologie:

  • Risposta psicologica: riguarda la sfera verbale, ciò che viene elaborato e poi detto.
  • Risposta comportamentale: azioni come conseguenza all’emozione generata dallo stimolo recepito, come un cambiamento nella postura, o nell’espressione facciale.
  • Risposta fisiologica: cambiamenti che avvengono a livello di anatomia umana, come l’alterazione della frequenza cardiaca, l’arrossamento del volto, l’aumento della sudorazione.

È bene sottolineare che la nostra mente però, non è in grado di rilevare ogni singolo stimolo presente nell’ambiente: alle volte ricerchiamo gli stimoli che effettivamente ci interessano, ignorando gli altri, oppure altre volte la nostra attenzione viene attirata proprio da quegli stimoli che non sono routinari e che quindi sono diversi.

Quali sono gli strumenti per rilevare i cambiamenti comportamentali?

Gli strumenti tecnici delle neuroscienze che rilevano i cambiamenti sono:

  •  L’elettroencefalogramma (EEG), che è in grado di rilevare le specifiche aree del cervello attivate durante la presentazione di determinati stimoli.  L’elettrocardiogramma (ECG), per misurare la frequenza cardiaca e dei battiti del cuore al minuto.
  • Il Facial Coding System (FACS), che analizza le reazioni emotive delle persone, attraverso i cambiamenti di tensione nei muscoli facciali.
  • L’eye tracker (ET), ovvero un dispositivo che misura il movimento e la posizione degli occhi.
  • La risposta galvanica della pelle (GSR), che misura le variazioni continue della pelle, come ad esempio la variazione della sudorazione o l’arrossamento.

Marketing vs Microeconomia

Il neuromarketing si scontra con la visione microeconomica del consumatore, perché quest’ultima vede il consumatore come un individuo che, alla manifestazione di un bisogno (che micro-economicamente viene paragonato solo ed esclusivamente ad una carenza e non per esempio alla ricerca di uno stimolo di novità), è in grado di individuare razionalmente quel prodotto/servizio che soddisferà tale bisogno, in modo pratico, rapido e puntando solo all’utilità. Il neuromarketing invece non la pensa così, anzi ritiene che emozioni, contingenze, situazioni, sentimenti, possano influenzare notevolmente la scelta di acquisto del consumatore. Le emozioni influiscono sulle decisioni di acquisto e consumo, e su questo non ci deve essere dubbio.  

Un esempio di applicazione del neuromarketing: Tobii pro glasses 3

I Tobii pro glasses 3 sono un paio di occhiali fuori dal comune. Permettono di compiere ricerche attraverso la tecnologia dell’eye tracking, quindi osservare come si comporta il senso della vista del consumatore di fronte ai diversi stimoli di marketing. Sicuramente senza l’utilizzo di questo particolare paio di occhiali, un consumatore non sarebbe in grado di spiegare a parole il perché di una determinata scelta fatta.

Gli occhiali hanno rilevatori sia visivi che uditivi e dall’analisi dei dati, i ricercatori possono capire cos’è che effettivamente guida il comportamento del consumatore e il processo decisionale.

Inoltre le aziende possono condurre le proprie indagini direttamente sul campo e non in contesti simulati o di laboratorio, aumentando così la veridicità dei risultati ottenuti. Attraverso l’utilizzo di questi occhiali speciali, i ricercatori comportamentali e UX possono farsi un’idea concreta di ciò che guida il comportamento e le decisioni di acquisto del consumatore e di conseguenza orientare al meglio la propria offerta, per esempio lavorando sul miglioramento del packaging, individuando i colori che attraggono maggiormente il consumatore, eliminando tutti quegli attributi del prodotto che non vengono considerati e che sono reputati inutili, ecc.

Il neuromarketing è etico?

Nonostante i grandi progressi nel campo delle neuroscienze, quotidianamente gli esperti si interrogano sul funzionamento del cervello umano: è un organo molto complesso che richiede studi, ricerche e analisi affinché si possa riuscire a capire la sua struttura. La nota neuroscienziata Marlene Behrmann afferma infatti che: «nonostante decadi e decadi di ricerca, abbiamo ancora una comprensione rudimentale delle funzioni cerebrali»

Attraverso lo studio e gli strumenti delle neuroscienze, gli studiosi sono riusciti ad ottenere delle immagini di alta qualità del cervello e della sua attività di fronte a determinati stimoli, ma ciò che ancora manca è la capacità di interpretazione di tali dati.Inoltre, spesso il marketing viene visto come quell’insieme di azioni svolte da un’azienda per manipolare la mente del consumatore e indurlo a comprare sempre di più. Non si tratta assolutamente di ciò: il marketing ed in particolare il neuromarketing monitora, non manipola, la mente del consumatore. Infatti è solo grazie allo studio e all’analisi dei bisogni del consumatore che un’azienda può indirizzare al meglio la propria offerta, soddisfacendo le necessità del consumatore.