Quando senti la parola “archeologia” le prime cose che ti vengono in mente sono Indiana Jones e forzieri nascosti? Sappi che stai sbagliando strada, ma probabilmente non è colpa tua.

Il mondo dei patrimoni culturali, e soprattutto il mondo dell’archeologia, non vanno esattamente di pari passo con le ultime frontiere della comunicazione digitale, dello storytelling e della digitalizzazione.

Ed è solo ultimamente (possiamo dire “grazie” alla pandemia?) che le cose sono cominciate a cambiare. Vediamo in che modo si è iniziato a comunicare il patrimonio culturale.

Il Digital per valorizzare le arti e l’archeologia

In realtà è dal 2014-15 che sul web hanno iniziato a comparire molti blog e account social legati a gruppi di ricerca, siti e musei di ogni tipo. 

Questo evento può essere letto come la risposta al spesso lamentato “gap” tra ricerca accademica, tutela e fruizione da parte del pubblico. 

Ma cosa manca, e in cosa può aiutare il web nella valorizzazione e comunicazione del patrimonio culturale e archeologico

Innanzitutto, potrebbe abbattere tutti quei luoghi comuni che ruotano intorno alla disciplina: avventurieri, cercatori di tesori nascosti e protetti da chissà quali trappole, maneggiatori di sciabole).

Inoltre, potrebbe far riconoscere al pubblico l’importanza della materia, per la quale le competenze sono molteplici. 

Infine, potrebbe essere un generoso aiuto per la promozione e la valorizzazione del nostro territorio.

Tuttavia, fino al giorno d’oggi, l’errore più comunemente commesso è stato quello di spettacolarizzare il lavoro finito, cioè il reperto o il sito archeologico stesso, senza mostrare né processi e metodi di ricerca, né ricostruzioni e interpretazioni. 

In poche parole, il pubblico rimane all’oscuro di un avvincente backstage.

Qual è il giusto marketing per il patrimonio culturale?

Cosa serve, dunque per comunicare il patrimonio culturale?

Sicuramente un approccio mediato tra tecnologie, linguaggi e creatività sarebbe un beneficio. In questo modo si farebbe avvicinare la conoscenza agli attuali mezzi di comunicazione, evitando una decontestualizzazione e una favolizzazione del patrimonio culturale. 

Il tutto dev’essere corretto, ma allo stesso tempo accattivante, così da attrarre e incuriosire il visitatore sia online che sul luogo.

La promozione dev’essere dal basso, vicina al pubblico, e tramite i blog e i social si ha l’occasione di raggiungere velocemente un enorme numero di persone. Il linguaggio e le strategie da adottare sono da adeguare al target di pubblico prescelto.

La spinta della pandemia

Ebbene sì, tutta la situazione dovuta al Covid-19 è stato un enorme incentivo per muovere passi in questa direzione; ha spinto musei di ogni tipo a considerare effettivamente il loro ruolo nella società, la loro poca presenza digitale e la loro comunicazione spesso inefficiente. 

L’importanza di comunicare il patrimonio culturale è stata ribadita anche dallo stesso Ministro della Cultura Dario Franceschini in un’intervista per la rivista Finestre sull’Arte nel 2020:

«Si sta andando verso una rapida evoluzione della comunicazione delle istituzioni culturali, si sta entrando nella maturità dei musei 4.0 nella quale il digitale avrà sempre di più un ruolo preponderante. Che non andrà a sostituire la frequentazione dei musei, ma la renderà più piacevole, istruttiva ed agevole».

Dario Franceschini

Era dagli anni della Seconda Guerra Mondiale che i musei non chiudevano al pubblico. 

Il 13 marzo 2020 il ministero dei beni culturali ha esortato ufficialmente tutti gli enti del patrimonio culturale a eseguire una digitalizzazione dei loro contenuti, consentendo l’afflusso di un pubblico più numeroso, assente a causa delle restrizioni sanitarie. 

Una volta dettate le linee guida generali, molti musei hanno iniziato a mettere a disposizione un catalogo digitale dei contenuti, consultabile direttamente online.

Negli ultimi anni sono poi proliferate altre e varie iniziative digitali, un cambiamento obbligatorio che ha permesso al settore di abbandonare la propria autorevolezza e lanciarsi nel mondo dei social. 

I nuovi ambienti digitali richiedono un linguaggio giovane e accattivante, che certo non esclude la presenza di progettualità e professionisti per poter comunicare il patrimonio culturale in maniera efficace.

Il mercato dei tour virtuali

In un mondo ora più che mai digitalizzato, le istituzioni museali e i siti archeologici hanno dovuto escogitare – e sono tutt’ora in fase di scoperta – metodi per rendere i loro contenuti fruibili dal pubblico online. 

Sicuramente i più gettonati sono i tour virtuali, che rendono più immersiva e attiva la visita, pur non sostituendo l’esperienza fisica.  

Museo dell’Ara Pacis, Roma

Un esempio è la visita online del monumento dell’Ara Pacis, a Roma.

Il visitatore digitale può muoversi all’interno dell’Ara semplicemente usando il mouse, ottenendo approfondimenti su di essa e sulle sue raffigurazioni cliccando su specifici punti dati dal sito.

Virtual Tour del Museo dell’Ara Pacis di Roma
Descrizione del Virtual Tour del Museo dell’Ara Pacis di Roma

Museo Archeologico Nazionale di Taranto (MArTA)

In questo caso la fruizione del servizio è gratuita, ma altri musei, come il Museo Archeologico Nazionale di Taranto (MArTA), offrono invece tour virtuali in cambio di una donazione pecuniaria.

Museo Archeologico Nazionale di Taranto (MArTA)

Tutte queste iniziative hanno contribuito alla creazione di un vero e proprio mercato virtuale di tour guidati, sia dai siti stessi che con la partecipazione di guide certificate che interagiscono e spiegano al visitatore a casa direttamente dal luogo della vista. 

E non finisce qui.

Queste novità finalmente introdotte nel mondo dei musei e dell’archeologia hanno fatto sì che queste non fossero più realtà passive, chiuse e dalle nozioni altisonanti. Hanno permesso di sviluppare una relazione molti a molti: specialisti e studiosi che aprono le loro competenze alla totalità e al linguaggio del pubblico. 

Nel campo dell’archeologia, invece, sono nati molteplici blog e visite virtuali mirati a raccontare le giornate di scavo, coinvolgendo finalmente un pubblico ignaro di cosa si celasse dietro al reperto esposto nella teca di un museo.

Questo aspetto di coinvolgimento del pubblico al lavoro archeologico non è una novità. Già l’archeologo Mortimer Wheeler (1890-1976) realizzava dei veri e propri “open day” sul luogo dello scavo, permettendo a tutti di partecipare osservando il lavoro. 

Il maggiore coinvolgimento del pubblico porta beneficio anche ai musei stessi, principalmente per due motivi:

  1. permette di attrarre più visitatori e ad aumentare il loro interesse;
  2. consente la raccolta dei loro feedback, che siano diretti o tramite commenti sui social, permettendo così ai curatori di individuare punti deboli su cui effettuare migliorie. 

Galleria degli Uffizi, Firenze

La Galleria degli Uffizi di Firenze è uno dei musei più famosi al mondo, con una pagina Instagram che conta 665k follower.

Nonostante un’ottima presenza digitale – su Instagram è tra i musei più seguiti al mondo, contando oggi ben 678mila follower -, durante il 2020 il museo si è lanciato nella creazione di un profilo su TikTok, la piattaforma più in voga tra i giovanissimi.

Una bella ambizione: il linguaggio e il target di questa piattaforma non sono tra i più facili da progettare e da coinvolgere, ma in fondo è proprio questa la sfida di ogni piattaforma social. 

Inoltre, la visita del museo da parte di Chiara Ferragni è stata il fattore scatenante di un successivo boom di visite, grazie ovviamente alla fortissima presenza social della influencer.

Chiara Ferragni agli Uffizi di Firenze davanti alla Nascita di Venere di Sandro Botticelli post su Instagram

Chiara Ferragni agli Uffizi davanti alla Nascita di Venere di Sandro Botticelli https://www.instagram.com/p/CCu_l3JIvFn

Per molti questa situazione ha rappresentato un elemento negativo, in quanto le persone sono state spinte alla visita degli Uffizi solamente dalla presenza di Chiara, ma questo aspetto è solo la facciata.

Attraverso un solo post, poi rilanciato dall’account Instagram della Galleria degli Uffizi, Chiara Ferragni ha comunque messo in circolazione un’idea che si è diffusa tra i suoi milioni di follower giovani e adulti, italiani o stranieri.

Che la visita sia spontanea o che sia “spinta” dai social porta comunque a quella condivisione digitale che oggi rappresenta il fattore cardine per le entità museali.

E poi chissà, magari anche quella persona che all’inizio non pensava minimamente di visitare un museo, potrebbe ritrovarsi invece in mondo appassionante, in un’esperienza da voler replicare.

Villa romana di Oplontis, Torre Annunziata

Un case study interessante per la virtualizzazione ben riuscita di un sito archeologico è sicuramente il DAPO Project, eseguito dagli studenti dei Politecnici di Milano e Torino.

Il sito in questione è la villa romana di Oplontis, a Torre Annunziata, parte del famosissimo sito archeologico di Pompei. Questo progetto fa capire come l’entrata in gioco di tecnologia e design siano un beneficio per rispondere alle esigenze del visitatore moderno. 

Il progetto prevede delle esperienze interattive, sia online che in situ, grazie anche a un’app integrata con contenuti audio per guidare il visitatore all’interno del sito. 

Non solo, alcuni reperti sono stati dotati di sensori che, attivandosi con l’avvicinamento dell’individuo, producono interazioni sonore e visive. Il progetto è addirittura stato affiancato da Google Arts & Culture.

Ma in che modo una passeggiata tra le rovine di una villa è stata resa interattiva?

Tramite l’app è possibile scegliere tra quattro figure diverse, le quali avevano convissuto nella villa fino all’eruzione del Vesuvio, provenienti da diverse categorie sociali (il padrone, l’ospite, lo schiavo e l’artista).

Ognuno di questi personaggi guida il visitatore negli ambienti della villa dove verosimilmente si muoveva, raccontando in prima persona la propria esperienza. Questo metodo di “connessione” attiva tra visitatore e luogo visitato è una novità che dovrebbe essere applicata universalmente. 

La maggiore chiarezza dei contenuti permette ai professionisti del settore di rendere disponibili le loro conoscenze agli individui inesperti in materia. La scelta (anche multipla) dei quattro personaggi permette una libertà assoluta di movimento all’interno del sito, senza percorsi obbligati o audioguide numerate. 

Questa fruizione attiva e “fuori dagli schemi”, stile walkthrough, ha avuto infatti come risultato un maggiore successo e interesse da parte del pubblico.

Gli obiettivi del DAPO Project per comunicare il patrimonio culturale

Sono questi gli obiettivi del DAPO Project: rendere il patrimonio più “smart”, portare l’esperienza di visita dal lineare e passiva a circolare e attiva, trasformare il visitatore da spettatore a protagonista. 

Ma nel sito di Oplontis la tecnologia non si è fermata qui. In collaborazione con la University of Texas at Austin è stato possibile effettuare un recupero digitale di opere andate perdute e addirittura una ricostruzione 3D degli ambienti del sito, all’interno dei quali è possibile spostarsi semplicemente usando il mouse.

Conclusioni

In questo articolo abbiamo parlato di virtualizzazione delle visite museali, coinvolgimento degli influencer nel marketing museale, interattività delle esperienze e modelli 3D dei siti archeologici.

Tutti questi elementi per comunicare il patrimonio culturale, se applicati almeno in parte in ogni ente museale o sito archeologico, aiuterebbero gli stessi a raggiungere l’obiettivo principale per cui sono nati: essere vissuti.  

Fonti

  • A. D’Eredità, A. Falcone, D. Pate, P. Romi (2016), Strategie di divulgazione dell’archeologia online: metodologie, strumenti e obiettivi. Dalla redazione del piano editoriale alla misurazione dei risultati, in  «Archeologia e Calcolatori», n.27, 2016, 331-352
  • Francesca Pontani (2020), Archeologia e Comunicazione Digitale, in ArcheoTime (canale YouTube), registrazione del seminario tenuto il 27 febbraio 2021 presso la Sala Sant’Angelo del Museo delle Necropoli Rupestri di Barbarano Romano (VT), https://www.youtube.com/watch?v=ARVcdpyTMXU
  • John R. Clarke, Enrico Ferraris, Massimo Osanna, Team DAPO modera Gian Luca Grigatti (2021), Archeologia digitale per la valorizzazione del patrimonio culturale, in Politecnico di Torino (Canale YouTube), 15 novembre 2020, https://www.youtube.com/watch?v=YKbDLq_WvFE
  • Sito ufficiale di Pompei con pagina dedicata alla Villa di Oplontis, http://pompeiisites.org/oplontis/