Le nuove tecnologie e la digitalizzazione stanno producendo un cambiamento totale nel modo di comprare, pensare, lavorare e vivere.
Non solo da un punto di vista puramente tecnologico e informatico, ma anche sociologico, filosofico e psicologico. Negli ultimi anni si è scritto molto sui profondi mutamenti che il digitale sta apportando alla vita dell’uomo e al suo essere cittadino del mondo.
Una forte accelerazione a questo cambiamento è stata data dalla pandemia del 2020-2021 che da un giorno all’altro ha paralizzato l’intero pianeta; questo nuovo scenario mondiale ha spinto verso soluzioni alternative e reso indispensabile il ruolo della tecnologia digitale.
Il potere delle community
A seguito della lettura del testo #community manager dietro le reti ci sono le persone di Osvaldo Danzi e Giovanni Re, ho cercato di comprendere come anche nel settore della moda, queste innovazioni e cambiamenti avessero preso atto.
Non ero a conoscenza dell’utilizzo delle community così come sono state illustrate nel libro e questo mi ha fatto riflettere su quanti nuovi metodi di fidelizzazione e comunicazione potessero prendere forma soprattutto con l’innovazione digitale.
Argomenti come la brand community, la digitalizzazione e purtroppo i postumi economici e psicologici della pandemia in corso di Covid-19 mi hanno aperto la strada ad effettuare nuove ricerche di settore per comprendere i nuovi potenziali scenari che si prospetteranno in un prossimo futuro.
Ciò che è emerso è una nuova sfida che attende le aziende di moda nel passaggio dalla vecchia filiera di produzione e commercializzazione fino alla nuova necessità di maggiore presenza sul web usando tecnologie innovative e impensabili fino a pochi anni fa.
Strategie da brevi a lungo termine
Dal sempre maggior utilizzo dell’e-commerce alla realtà aumentata come trampolino di lancio per una nuova strategia di proposizione e vendita dei prodotti. Il nuovo mercato impone scelte immediate per fronteggiare adesso una situazione di emergenza ma in futuro da sfruttare e ampliare per creare un continuum che porti i brand ad un livello superiore e adeguato ai tempi.
Sicuramente non scompariranno i negozi e non si perderà il contatto con il consumatore ma questo potrà essere affiancato da un coinvolgimento totale e personale del quale il consumatore potrà godere direttamente a casa propria.
Umanizzazione del digitale
Da affiancare agli studi prettamente informatici che stanno proiettando i brand in un mondo virtuale tutto da scoprire c’è la continua ricerca a livello sociologico e psicologico di rendere questi nuovi strumenti “umani”.
Oramai la frontiera più importante è quella della umanizzazione del digitale in correlazione con il riposizionamento al centro dell’intero piano marketing del cliente. Accettando il fatto che il cliente possa non essere direttamente presente e a contatto con il prodotto emerge la necessità per le aziende di entrare in empatia con il consumatore per fornire un servizio sempre più mirato alle sue esigenze.
L’importanza di creare community di brand per accrescere non solo la fidelizzazione ma anche il senso di appartenenza andranno di pari passi con la realizzazione di una sempre maggior personalizzazione del servizio.
Stop and Go – Covid 19
Queste righe racchiudono il concetto di ciò che sta investendo il mondo della moda in questo difficile periodo. L’ineluttabilità delle conseguenze di una pandemia globale deve portare ad un’attenta analisi di cosa è successo ma soprattutto ad una necessaria visione di un futuro diverso che sappia cogliere, anche da un momento negativo come questo, linfa nuova di cambiamento.
All’inizio della pandemia
I dati di partenza sono pesanti: un danno economico stimato con cali di fatturato di oltre ⅓ solo nel 2020. Il punto di arresto si è concretizzato su due livelli: in un primo momento con lo stop alla produzione dovuto alla necessità di chiusura delle fabbriche e contemporaneamente con la chiusura della distribuzione che ha comportato una paralisi totale del mercato.
Alcune realtà si sono parzialmente riconvertite in aziende atte a produrre materiale indispensabile per il momento che stiamo affrontando ma sicuramente anche questa occasione non ha risanato il danno ingente all’economia di settore.
La risposta dei consumatori
In un successivo momento è intervenuto un comportamento psicologico di sfiducia dell’acquirente che, sull’onda delle preoccupazioni pandemiche, non ha trovato più necessario acquistare beni che, viste le circostanze, apparivano superflui.
Questi nuovi e inaspettati scenari hanno spinto i player del settore moda a rivedere l’intera filiera del comparto, dalla produzione alla commercializzazione, per cercare di adattarsi il più velocemente possibile alle nuove esigenze di vita e di consumo.
La digitalizzazione del fashion marketing
L’utilizzo del canale digitale soprattutto nel momento dell’acquisto del prodotto (e-commerce) da anni sta portando ad abitudini di consumo differenti presupponendo nel futuro scenari nuovi anche per il settore moda.
Questa trasformazione, che all’inizio era una semplice evoluzione moderna con l’introduzione nel fashion marketing dell’utilizzo del digitale, ha subito un’accelerazione pazzesca in un momento in cui l’impossibilità di farsi raggiungere fisicamente dal cliente ha cambiato radicalmente i panorami di promozione e vendita.
Infatti non è stata soltanto la chiusura dei negozi, ma anche l’impossibilità di presentare sfilate o di creare altre occasioni di contatto fisico tra brand ed acquirenti a portare verso un ripensamento dell’intero impianto.
Nuove strategie di vendita e fidelizzazione
Il ricorso all’utilizzo di strumenti virtuali, a due anni dall’inizio della pandemia, non viene più percepito come unico elemento possibile di interrelazione con il mondo esterno, ma come prolungamento delle interazioni fisiche.
Questo cambio di mentalità nel consumatore sta portando anche il settore moda a rivolgersi ad un marketing differente e capace di esplorare potenzialità digitali che fino ad oggi non sembravano avere così tanta importanza.
Quello che fino a questo momento poteva apparire come un gioco accattivante adesso diventa strategia di vendita e fidelizzazione. Con una visione rivolta al futuro l’intero settore sta cogliendo l’evoluzione digitale come nuovo momento di contatto tra cliente e brand spostando il piano d’incontro dall’esterno all’interno delle abitazioni.
Fashion brand e digital
Il cambiamento che il digitale sta imponendo al fashion marketing lo si riscontra su due diversi livelli: il primo strettamente inerente la capacità di analisi dei dati che l’informatica offre, mentre il secondo rivolto ad un cambiamento radicale dello scenario di promozione e fidelizzazione.
L’utilizzo delle piattaforme informatiche e dei social offre la grande opportunità di raccogliere quanti più dati possibili sul cliente: la profilazione, la qualificazione e la gestione di interi patrimoni di dati portano alla possibilità di analisi di mercato precise, di piani budget ben delineati e di interventi continui di ricerca mirati alle esigenze contingenti.
D’altronde diventa e diventerà sempre più importante la centralità dell’acquirente in un mondo che ha definitivamente spostato l’asse dal brand all’utente.
Un nuovo sistema “clientecentrico”
Le esigenze dei consumatori stanno cambiando velocemente e il processo di trasformazione delle aziende operanti sui mercati retail deve poter procedere di pari passo: empatia, personalizzazione e coinvolgimento.
L’ottica di promozione e vendita non può basarsi soltanto sulla conoscenza storica del marchio e sulla catena dei punti vendita, è cambiato totalmente il panorama di contatto e quindi il sistema è diventato “clientecentrico”.
L’azienda deve raggiungere il cliente nella propria abitazione, si deve mostrare, deve essere in grado, sfruttando la tecnologia digitale, di creare emozioni e desideri anche in un panorama di distanza. Diventano peculiari i concetti di community e di user experience per stimolare il cliente all’acquisto.
1. Brand community
Già da anni le brand community hanno rivoluzionato il modo di fare marketing espandendo all’intero mondo internet i confini aziendali. La brand community è una community online basata sull’interrelazione fra azienda e consumatori. Differentemente dagli altri strumenti di marketing i membri delle community non solo parlano con il brand ma anche fra loro e con i dipendenti.
2. La cultura del cliente
Non si tratta più di una comunicazione unidirezionale a cascata ma di una stimolante interazione continua fra esterno e interno che permetterà all’azienda di calibrare meglio le scelte di marketing future. Il cliente si sente ascoltato e aumenta dentro di sé la sua percezione di essere importante nelle scelte aziendali, acquista fiducia in sé e nel brand ed è sempre più orgoglioso di farne parte.
3. Un cliente fidelizzato
Il senso di appartenenza, la comunicazione e la condivisione fanno sì che il rapporto fra utente e brand si estenda andando oltre il semplice acquisto ma acquisendo un valore emozionale che lo porterà ad essere non solo fedele ma anche affezionato. Dalle community all’atteggiamento “digital-first” degli utenti che sarà destinato a consolidarsi in futuro.
4. Marketing empatico
La nuova grande sfida per le aziende sarà proprio quella di sapersi differenziare non solo per i prodotti offerti ma anche per la capacità di creare empatia con l’acquirente, di saperlo coinvolgere e farlo sentire parte di un grande progetto, di conquistarlo non solo più a livello di contatto fisico con l’articolo venduto ma anche a livello indiretto con ogni strumento la tecnologia possa mettere a disposizione.
La differenza tra User e Customer Experience
User Experience
User Experience o UK è il termine che identifica la relazione fra una persona e un prodotto o servizio. Riguarda, quindi, tutti gli aspetti che coinvolgono l’interazione fra un utente e un brand, è letteralmente “l’esperienza” coinvolgendo in essa tutti gli elementi affettivi, valori ed emozioni che accompagnano il soggetto durante questo percorso
Come migliorare la user experience?
Questa viene sicuramente migliorata grazie all’ausilio delle tecnologie digitali come l’intelligenza artificiale e per questo motivo diventano sempre più importanti i dati di base su cui lavorare per creare messaggi, timing e contenuti più in linea con le esigenze dei singoli utenti.
I brand sono chiamati a compiere una vera e propria connessione diretta con il consumatore che deve riuscire a provare tutte quelle emozioni positive che lo fidelizzano pur rimanendo davanti al proprio pc.
Eliminare il limite della distanza fisica con un’apertura diversificata dei punti di contatto con il brand attraverso i dispositivi mobili.
Customer experience
La Customer Experience o CX è l’esperienza complessiva che i clienti vivono durante tutta la loro relazione con il brand. Le aziende dovranno, con i loro piani marketing, acquisire e consolidare la fiducia del consumatore mettendo in atto tutte le strategie necessarie per costruire nuovi modelli di profilazione e nuove soluzioni per creare sempre maggior empatia e senso di appartenenza con esso.
Come migliorare la customer experience?
Investire sulla customer experience diventa fondamentale per aiutare a comprendere meglio i bisogni e le abitudini e arrivare a costruire un’esperienza unica per il singolo cliente unendo in futuro sia il canale digitale che il contatto diretto. L’e-commerce è antecedente al lockdown come modalità di acquisto ma la chiusura forzata ha portato ad un approccio differente da parte del consumatore che deve esser tenuto in forte considerazione per le strategie future.
Cosa vuol dire entrare nella comfort zone del cliente?
L’accento in ogni piano marketing degli anni a venire dovrà essere necessariamente posto sulla dimensione umana dell’individuo, sulle sue paure, sui suoi desideri e necessità calibrando continuamente interventi e azioni. Solo ricostruendo la fiducia del consumatore si potrà ottenere una fidelizzazione che abbia radici solide nel tempo.
E il piano su cui giocare questa sfida sarà la casa di ogni singolo acquirente, sarà entrare in quella confort zone che ognuno di noi è stato costretto a crearsi in un momento così difficile.
Strumenti della trasformazione digitale
La necessità è diventata quella di fornire attraverso touch point esperienze uniche e coinvolgenti e sempre più interattive.
Vi sono alcuni strumenti e tendenze ultimamente utilizzate dalle case di moda che stanno portando verso una trasformazione digitale importante e irreversibile, vediamone alcuni insieme.
1. Virtual Showroom
Il virtual showroom, ovvero la presentazione delle collezioni interamente virtuale, permette a buyer e partner di consultare e visualizzare foto, schede tecniche del prodotto, immagini interattive in un ambiente riservato e protetto e ovunque si trovino. Questa forma di tour virtuale è utilizzata anche dai clienti che hanno la possibilità di visitare, grazie anche alla realtà aumentata, non spostandosi dalla propria sedia i più lussuosi negozi di moda del mondo. Metodologia fortemente voluta da Prada, Valentino, Dolce&Gabbana e Ralph Lauren. Proprio quest’ultimo, per esempio, ha creato un negozio virtuale che consente di visitare 4 dei più importanti negozi del brand: New York, Parigi, Hong Kong e Beverly Hills a portata di un semplice click.
2. Gaming
Il sempre maggiore impiego di giochi al fine di attirare i consumatori sta diventando uno strumento importante di marketing su cui molte aziende stanno puntando. Il fenomeno cosiddetto della “gamification” ha attirato numerose start up di settore creando un notevole interesse. Ad esempio una piattaforma presentata dal marchio Sunnei ha come protagonisti 10 avatar del brand vestiti con abiti della nuova collezione. Il gioco non ha uno scopo preciso e permette l’utilizzo anche da cellulare. Si è dimostrato un divertente modo per coinvolgere la community globale del brand cosa che la passerella non riuscirebbe a fare. Altri importanti brand di moda hanno annunciato il lancio di una game-app interattiva che permette agli utenti di creare un avatar personalizzato e fare sfide fashion con gli altri utenti.
3. Sfilate online
Le sfilate online saranno sempre più pensate non solo come una necessaria alternativa ma anche come una normale prosecuzione delle sfilate in presenza. Inoltre, attingendo alle potenzialità della realtà aumentata sarà possibile attivare layer informativi e innumerevoli punti di vista per far vivere una esperienza totale anche a distanza. Un esempio importante è stata una delle prime Fashion Week post-pandemia, tenutasi dal 22 al 28 Settembre 2020 a Milano. Hanno partecipato i più quotati stilisti del mondo insieme a giovani emergenti con sfilate live e digitali. Stesso schema seguito anche dagli eventi come il Fuorisalone. Sfilate a porte chiuse e diretta televisiva per Armani, emotivamente colpito dalla pandemia, e un graditissimo rientro in patria di Valentino ne sono uno degli esempi più eclatanti.
4. Camerini prova virtuali
Si è parlato molto di questo argomento nella 4° edizione del Summit e-P (il più importante appuntamento italiano sull’innovazione digitale nel campo della moda) organizzato da Pitti Immagine e svoltosi in streaming il 21 Ottobre 2020. Il camerino di prova virtuale prevede la creazione di un avatar che possa indossare gli abiti al posto proprio sperimentando abbinamenti, colori, modelli e tessuti. Questa idea innovativa era stata, ad esempio, proposta da Gap e dalla sua DressingRoom. La multinazionale dell’abbigliamento aveva presentato nel 2017 un’app per la prova degli abiti in realtà aumentata. Anche in questo caso viene creato un proprio avatar e successivamente è possibile iniziare la prova degli abiti in ambientazioni sempre più curate e personalizzabili.
5. Personal shopper digitali
Il personal shopper digitale è uno specialista di moda in carne e ossa che offre consigli in streaming e può mostrare al cliente i look indossati, indicazione sui prezzi e suggerimenti sulle occasioni d’uso. Un’attenzione particolare e diretta al singolo consumatore e alle proprie esigenze che permette di dare quella sicurezza nell’acquisto che la distanza può naturalmente togliere. Un esempio di questo nuovo modo di fare acquisti lo possiamo ritrovare nelle scelte attuate dal gruppo Miroglio, per i punti vendita Motivi ed Elena Mirò. Il brand, infatti, ha scelto di sfruttare il servizio Go Instore, grazie al quale le clienti possono collegarsi direttamente al sito e farsi consigliare dalle addette vendita proprio come se fossero in negozio.
Il caso Burberry
Il brand Burberry è stato uno dei primi a cogliere l’occasione della multicanalità delle strategie con scelte intraprese per meglio posizionarsi a livello social e di interrelazione digitale.
Nel 2006 Angela Ahrendts e Christopher Bailey, CEO e Chief Creative Officer del marchio, hanno dichiarato la loro volontà di trasformare Burberry nella prima azienda di moda “100% digitale”. Attraverso le grandi campagne di content marketing, dal 2006 ad oggi, la casa di moda inglese ha contribuito a trasformare il brand in una macchina generatrice di contenuti di successo.
La realtà aumentata per esperienze sempre più personali
Oggi, con l’ulteriore strumento della Realtà Aumentata, primo brand ad averla usata nel campo della moda, l’azienda sta cercando di dare un impulso propulsivo alla commercializzazione utilizzando la tecnologia per creare un’esperienza di acquisto sempre più emozionante e cucita intorno al cliente. È stata utilizzata la piattaforma Google per rendere possibile ai consumatori di interagire nel modo più semplice creando i propri abbinamenti dopo averli ponderati in associazioni personalizzate (ad esempio può essere posizionata una borsa vicino ad un abito in realtà aumentata nell’ambiente che ci circonda per avere una migliore idea dell’accostamento e del prodotto che stiamo per acquistare).
Gaming Technology
Altro strumento digitale fortemente voluto da Burberry e utilizzato è quello della Gaming Technology attraverso una stretta collaborazione con l’azienda Koffeecup. Insieme sono arrivati allo sviluppo di un software che ha rivoluzionato lo scenario del fashion design.
Tutto questo ha reso sempre più veloce e semplice il posizionamento delle stampe sui tessuti riducendo il consumo di carta nella fase di progettazione dei campionari. Quindi meno sprechi di fabbrica e un’azienda che si pone agli occhi del cliente come virtuosa e attenta alla sostenibilità per recuperare fiducia e affidabilità.
L’importanza dell’esperienza del marchio
Angela Ahrendts ha dimostrato in questi anni una visione lungimirante volta a creare una vera e propria “impresa- social”, dove impiegati, clienti e fornitori condividono la stessa esperienza del marchio, sia attraverso negozi che piattaforme social. Una forma ancora più moderna di community ove l’interscambio fra azienda e utenti possa definirsi totale. Attraverso un insieme di applicazioni (sviluppate grazie a Salesforse.com) si permette a impiegati di vari reparti e ai clienti di reinventare la loro interazione come brand community. Utilizzando un programma chiamato Chatter, i dipendenti hanno accesso ai dati sulle visite virtuali, alle attività dei visitatori, possono commentare in tempo reale tweet o interventi sul blog. Ognuno può aprire il proprio “portale-Burberry” e iniziare ad interagire sui più svariati argomenti.
Co-creazione di un’azienda
L’azienda, d’altro canto, può sfruttare questi canali per fissare appuntamenti nei punti vendita per i più disparati motivi (dalla prova per acquisto alla sostituzione o riparazione di capi). I dipendenti si sentono perfettamente integrati a tutti i livelli dell’azienda e gli utenti possono sfruttare tutte le risorse tecnologiche messe in campo da Burberry per diventare parte integrante del brand: sfilate, suggerimenti su linee future, chat e acquisto di capi.
La vera rivoluzione sta quindi nella co-creazione umana: impiegati e clienti che lavorano insieme alla riuscita di un brand di successo.
Conclusioni
In questo periodo la strategia migliore per le aziende potrebbe essere quella intrapresa da Burberry, unire sapientemente il proprio passato con un futuro che si prospetta sempre più tecnologico e avveniristico.
Per fare questo si dovrà affrontare un presente sicuramente difficile ed incerto sfruttando i bisogni e le conoscenze in nostro possesso e lanciandosi in una sfida che va ad unire online e offline, tenendo sempre al centro di ogni scelta il consumatore finale
Fonti
L’articolo sopra riportato è la rielaborazione di un’analisi e riflessione realizzata da me in data 17/02/2021.
Bibliografia ulteriore: “#community manager dietro le reti ci sono le persone” di Osvaldo Danzi e Giovanni Re